Il Giorno della Memoria si celebra ogni anno il 27 gennaio.
La giornata – istituita in Italia nel 2000 ed in tutto il mondo nel 2005 – non deve essere considerata solo un omaggio alle vittime del nazismo ma un’occasione di riflessione su una vicenda che ci riguarda tutti da vicino.
Inoltre, il 27 gennaio è andato ad assumere col tempo un significato simbolico: quello della fine della persecuzione del popolo ebraico.
Ricordare e commemorare le vittime della shoah non significa affatto trascurare altri genocidi, né tantomeno stabilire inutili “priorità” tra stermini e dolori di un popolo piuttosto che di altri popoli.
Nel 2001, il teorico e saggista Tzvetan Todorov ha scritto in un libro Memoria del bene, tentazione del male che “la singolarità del fatto non impedisce l’universalità della lezione che se ne trae”.
In altri termini, la memoria storica della shoah non riguarda soltanto il popolo ebraico, ma l’intera umanità, perché da questi avvenimenti si possono trarre insegnamenti.
Affinché il ricordo della Shoah sia utile, tuttavia, la memoria non deve limitarsi soltanto all’indignazione e alla denuncia morale contro i crimini nazisti, sentimenti sicuramente giusti e naturali nei confronti di avvenimenti gravi e disumani.